Il sushi è diventato la mia passione in breve tempo, da quando sono a Tokyo. Probabilmente sarò banale, chi è che non ama il sushi al giorno d’oggi? Ma posso garantirvi che quello che mangio qui non ha niente a che vedere con quello proposto in Italia, c’è una cura, una tecnica e una ricerca che non sono mai arrivate nel nostro paese. I primi tempi ero talmente sorpresa da quanto fosse delizioso e diverso il vero sushi giapponese da quello “italianizzato” che ho cominciato a studiare sui libri quali fossero le origini, quali le tecniche di lavorazione e quale la vera storia di questo cibo, cosa fosse nascosto dietro ad ogni boccone di riso, pesce, frutta e salse.
Il mondo del sushi è affascinante.
Così ho iniziato anche a prepararlo io stessa a casa. Ed ero così esaltata che ho persino stampato un piccolo menù da una tipografia online che proponevo ai miei ospiti quando li invitavo a casa e persino ad A, perché mi piaceva fare un po’ di scena!
Ma ora basta parlare di me, parliamo di sushi!
Come e quando nasce il sushi?
La prima cosa che ho scoperto studiando la storia del sushi è che, in realtà, sembra che le sue origini non siano giapponesi. Nonostante sia oggi il simbolo indiscusso della cucina nipponica, pare che il sushi sia nato nel IV secolo nel Sud Est Asiatico o forse in Corea, ci sono indicazioni contrastanti.
All’epoca infatti in queste zone era utilizzato come metodo di conservazione del pesce: questo veniva prima privato delle viscere e pulito, poi salato e infine avvolto all’interno del riso cotto. In questo modo si sviluppava una sorta di fermentazione che, aumentando il livello di acidità dell’ambiente circostante, permetteva di mantenere il pesce per molti mesi. Inoltre, poteva così anche essere trasportato.
Inizialmente, però, non si mangiava il riso: quando si decideva di mangiare il pesce, il riso veniva buttato via!
Il sushi arriva in Giappone
Il sushi raggiunge il Giappone nel 1300 per la prima volta, per merito dei viaggiatori e dei commercianti cinesi e coreani. E non appena giunge in terra nipponica, si comincia a mangiare anche il riso: veniva consumato insieme al pesce e questo piatto divenne conosciuto come Namanare. Si passa quindi da tecnica di conservazione a vero e proprio piatto, una ricetta che i giapponesi considerano prelibata e cominciano ad arricchire con altri ingredienti, per esempio l’aceto.
Tra il 1600 e il 1800, il Giappone conobbe un periodo piuttosto particolare della sua storia. In pratica, rimase isolato dal resto del mondo e in questi secoli si diffusero e si consolidarono molte abitudini, tradizioni e peculiarità socio-culturali che oggi ne fanno la grande nazione che è. Anche il sushi divenne parte del patrimonio giapponese in questi anni. Si cominciò infatti a consumare riso e pesce senza aspettare la fermentazione. La ricetta era conosciuta come haya-zushi, ovvero sushi veloce. Sempre in questo periodo si aggiungono altri ingredienti, in particolare le uova e le verdure.
La diffusione del sushi
Il periodo in cui il sushi diventa un piatto popolare ed estremamente diffuso è però il Novecento.
Nel 1923 in Giappone si verifica un terribile terremoto e, a seguire un incendio che distrusse gran parte della città di Tokyo. Fu un evento epocale, che richiamò milioni di lavoratori da tutto il paese per ricostruire ciò che era andato distrutto. Ed è così che il popolo giapponese, giunto nella capitale, venne a conoscenza dell’incredibile bontà del sushi! Questo piatto si diffuse quindi in tutto il Giappone.
Per arrivare nel mondo, però, dobbiamo aspettare gli anni Cinquanta, quando viene inventato il sushi girevole, conosciuto qui come kaiten-sushi. I clienti seduti al bancone scelgono autonomamente i piattini con il sushi che gli passano davanti e si servono da soli. Questo sistema piace tantissimo ai giapponesi (in breve tempo il sushi girevole diventa la norma) ma anche agli Occidentali, che lo portano prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo.